“L’Imprevedibile Viaggio di Harold Fry” di Rachel Joyce

“[…] anche una persona ordinaria poteva tentare qualcosa di straordinario, senza riuscire a spiegarlo in maniera logica.”

Harold Fry vive a Kingsbridge, nel sud dell’Inghilterra. Qui conduce una vita tranquilla, monotona, insieme alla moglie Maureen. Per sconvolgere la loro quotidianità è sufficiente una lettera spedita da Berwick da una vecchia amica di Harold, Queenie.
Queenie ha il cancro allo stadio terminale, è questo che scrive nella lettera.
Sebbene non si vedessero da molti anni Harold ne rimane sconvolto e decide di rispondere alla sua lettera, ma nel momento in cui esce di casa per imbucare la sua risposta continuare a camminare fino alla buca delle lettere successiva sembra l’unica cosa logica da fare, per poi decidere di non fermarsi e di arrivare a quella successiva e così via. Harold inizia a camminare e decide che si sarebbe fermato solamente quando sarebbe arrivato a Berwick, perché fintantoché avesse camminato Queenie sarebbe vissuta.

Così, con un gesto tanto semplice come mettere un piede davanti all’altro, ha inizio lo strano pellegrinaggio di ottocento chilometri di Harold Fry attraverso tutta l’Inghilterra.

La metafora del viaggio fisico come viaggio di scoperta e riscoperta non solo del mondo intorno a sé ma anche di sé stessi è da sempre una costante della letteratura internazionale: il viaggio implica movimento, è una fuoriuscita dalla fissità del quotidiano. Quando si viaggia non si muove solamente il proprio corpo ma anche l’aria attorno a sé e, analogamente, uscendo dalla propria routine si rimescolano le emozioni ed i ricordi. È un processo harold frydelicato: è possibile controllare dove posare i piedi ma non è altrettanto semplice orientare i ricordi nel terreno paludoso della memoria. Accade spesso che si riportino alla luce sensazioni più che immagini, quasi avessimo davanti una polaroid sfocata con una dettagliata descrizione sul retro.
Volendo estendere la metafora intesa dall’autrice, il lettore stesso diventa un viaggiatore, il libro che tiene tra le mani il suo sentiero.

Proprio per l’immediatezza della metafora non è facile evitare la banalità ed i clichés e la Joyce si è pericolosamente avvicinata al confine che divide una narrazione originale da un collage di luoghi comuni della letteratura di viaggio, talvolta oltrepassandolo, come nel classico emergere di problemi coniugali tra Harold e Maureen taciuti all’inizio del romanzo.

Complessivamente “L’imprevedibile viaggio di Harold Fry” non è un capolavoro: in alcuni paragrafi l’autrice sfocia in un inutile lirismo piuttosto che in riflessioni introspettive superflue che rallentano il ritmo della narrazione. Certo, le parole sono in un romanzo quello che i colori sono in un dipinto, ma abusarne è come lanciare un secchio di pittura su un disegno a matita: è necessario sapere quando fermarsi e quando usare un colore piuttosto che un altro, quando una tecnica piuttosto che un’altra.

Ciò nonostante il messaggio che Rachel Joyce ha voluto trasmettere nasconde una certa dolcezza. Forse qualche volta conta di più risultare immediati piuttosto che tecnicamente impeccabili.

Esiste una sorta di simmetria inversa tra Harold e il suo viaggio e Queenie e la sua malattia: mentre l’uno cammina verso la rinascita spirituale l’altra si avvicina alla morte. Entrambi i loro percorsi tuttavia sono accompagnati dalla speranza del protagonista che mette quest’ultimo in movimento e culla Queenie nella sua attesa.

Il messaggio più importante tuttavia viene trasmesso tramite Maureen.
L’assenza di Harold dalla casa che avevano abitato insieme per tanti anni, anche se ridotti allo stato di estranei, fa vacillare la sua determinazione in merito alle colpe addossate al marito in seguito ad un tragico incidente familiare. L’assenza addensa l’aria e porta la donna a riscoprire l’amore che credeva perduto per sempre.

mappa-haroldSpesso crediamo che i nostri ricordi nascondano la verità, dimenticandoci del fatto che i ricordi sono cangianti e deformati dalle emozioni. Talvolta la nostra mente crea episodi mai realmente accaduti per proteggerci e in questo modo siamo convinti che la nostra verità sia la sola ammissibile. Mettersi in discussione è forse una delle cose più difficili che si possano fare, eppure è necessario per arrivare ad essere in pace con sé stessi.

I viaggi più importanti iniziano semplicemente, spontaneamente, con un piede davanti all’altro, o con vecchio album di fotografie.

 

 

Un pensiero riguardo ““L’Imprevedibile Viaggio di Harold Fry” di Rachel Joyce

  1. mi ha colpito la tua coraggiosa analisi del libro, tanto da chiedermi se tu e la ragazzina che mi gira per casa siete la stessa persona: ti faccio i miei complimenti. Dart Fener (io sono tuo padre…).

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